Perché l’Assistenza Sanitaria Unita all’Intelligenza Emotiva Corrisponde ad una Cura Migliore

cervello e cuore
Pubblicato in: Assistenza Sanitaria

Comunemente si pensa che prendersi cura di qualcuno sia un impegno soprattutto fisico, e per tale ragione determinati ruoli all’interno dal settore sanitario sono stati ritenuti a lungo come ‘lavori manuali’. Più o meno negli ultimi quaranta anni, invece, queste professioni hanno mostrato uno sviluppo sia dal punto di vista scientifico che culturale. Si è di fatto evidenziata una connessione ed una conoscenza molto profonda relativamente ad ambiti più specializzati, ed al contempo è stato loro assegnato un miglior status sociale. Gli operatori sanitari, che possono adesso accedere a sofisticati dispositivi e tecniche di analisi precisissime, così come maggiori risorse e nozioni, hanno trasformato le relazioni incentrate sui pazienti,

dando vita ad un nuovo tipo di medicina, più diretta e mirata ma, allo stesso tempo, più distaccata dal punto di vista umano.

Esperienze e risultati

A causa di ciò che potremmo definire un perfezionamento a livelli estremi, esistono casi in cui, senz’ombra di dubbio, i professionisti sanitari hanno considerato in maniera del tutto marginale esigenze fondamentali del paziente, quali la comunicazione empatica, la gestione delle emozioni e l’ascolto attivo. Hanno cioè inavvertitamente alterato il processo assistenziale durante il suo svolgimento. In altre parole, sempre più operatori del settore sanitario si stanno concentrando sulla cura della patologia dimenticando di occuparsi del malato. Un approccio del genere nel fornire assistenza non è perciò olistico (ovverosia non interviene attraverso diversi piani paralleli), ed il risultato finale risulta penalizzato.

Contemporaneamente, l’impegno e la difficoltà di gestire l’esplosione nel mondo della pandemia da COVID-19 stanno cambiando sostanzialmente la percezione di noi stessi ed il rapporto con gli altri, avendo un forte effetto sulle nostre vite lavorative e personali. Gli ambienti dove si erogano prestazioni sanitarie professionali non fanno eccezione. Per esempio, mentre da un lato è obbligatorio mantenere la distanza sociale, dall’altro il diffondersi tra i pazienti della paura e dello stress emotivo sta mettendo in evidenza a livello dei professionisti sanitari l’importanza del dialogo, dell’ascolto attivo, e di un’intelligenza emotiva generale.

Qual è il vostro Quoziente Emotivo, EQ?

Secondo la Definizione del 1997 di Intelligenza Emotiva espressa da Mayer e Salovey in un loro articolo, la IE è ‘l'abilità di percepire le emozioni ... di capire le emozioni ... e di regolare in modo riflessivo le emozioni, per promuovere la crescita emotiva ed intellettuale’. Vari autori (come ad esempio D. Goleman nell’articolo della rivista Harvard Business Review ‘Essere Leader’) affermano che un quoziente emotivo elevato può corrispondere ad un vantaggio nella realtà di lavoro e nella vita nel suo complesso, migliorando entrambe. Ecco perché la IE ha raggiunto un esponenziale potenziamento in molti campi, diventando una delle richieste più in evidenza dei datori di lavoro.

Nonostante la significativa crescita che la sta caratterizzando, purtroppo la IE è ben lontana dall’essere standardizzata come requisito indispensabile fra il personale del settore sanitario: soltanto in pochissime situazioni è infatti inclusa nei programmi formativi. Sviluppando la propria intelligenza emotiva, il personale sanitario potrebbe soddisfare appieno i bisogni dei pazienti nel contesto assistenziale, ma al momento il sostegno psicologico e le esigenze personali restano sottovalutati. È una situazione controproducente, poiché le lamentele nei confronti dei medici spesso si riferiscono alla scarsa comunicazione piuttosto che alla competenza clinica. A tale riguardo, numerosi studi suggeriscono come un programma formativo sulla IE indirizzato al personale sanitario con diplomi universitari (in particolare quello infermieristico), possa migliorare la visione e la concezione della cura del paziente.

Ritengo quindi che i professionisti sanitari debbano sostenere l’introduzione di corsi del genere e promuovere la cultura della IE, rivolgendo l’attenzione sulle necessità dei pazienti e considerandole come una questione che richiede soluzioni a 360°. L’attuazione di questa strategia potrebbe essere dispendiosa ma anche dare i suoi frutti a lungo termine; garantirebbe non soltanto un tipo di relazione più positiva fra i professionisti ed i loro pazienti, ma getterebbe anche una nuova luce sul nostro ruolo.

Davide Mori
Product Manager Guanti e Prodotti Emergenti, Medline Italia

Davide è italiano con esperienza come infermiere di terapia intensiva, formatore e ricercatore. La sua formazione è in infermieristica, gestione della pubblica amministrazione e statistica. Da tre anni collabora come editorialista con una delle riviste infermieristiche online più seguite in Italia (nurse24.it). Scopri di più su LinkedIn.

9 agosto 2021
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